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Cardiomiopatia Ipertrofica Gatto

Patologie gatto
Cardiomiopatia ipertrofica

La cardiomiopatia ipertrofica (HCM) è una malattia a base ereditaria nel gatto (1). In questi gatti i ricercatori hanno identificato nel 2005 (2) un’alterazione del DNA del gene MYBPC3 che determina una mutazione (definita A31P e da molti “mutazione Meurs” del Maine Coon) di tipo autosomico dominante fortemente associata alla malattia. Già gli stessi autori chiarivano nella loro pubblicazione che non tutti i gatti che avevano la mutazione si ammalavano di HCM e che viceversa alcuni gatti malati non avevano la mutazione. A questo sono seguiti di recente due lavori di altri autori (3,4) in cui si ribadiva che non tutti i Maine Coon con la mutazione A31P sviluppavano la malattia. E in uno di questi (4) si attribuiva, erroneamente, questa discrepanza al fatto che la mutazione non fosse causativa. I test genetici sarebbe opportuno che avessero penetranza pressochè completa (cioè in cui il test genetico è correlato circa al 100% al carattere), e in genere l’hanno. Esistono però anche diversi casi in cui la penetranza, pur essendo altissima non è del 100%. Ad esempio la mutazione CEP290 della PRA dell’Abissino, la PK deficiency, alcuni geni del colore, così come anche le mutazioni HCM dell’uomo. In questi casi l’insorgenza o l’intensità del fenotipo non sono correlate completamente al genotipo, ciò non significa che è inutile fare il test genetico.

 

Quali sono i fattori che possono modulare la presenza e la gravità della malattia nel singolo gatto positivo alla mutazione?

 

1) Penetranza incompleta – anche se nel gatto c’è la mutazione causativa, il carattere non si manifesta. La penetranza incompleta è il caso estremo della Espressione Variabile (vedere dopo). Ancora non si conoscono le cause che portano a questa situazione, concorrono sicuramente oltre a fattori genetici, altri fattori biologici e ambientali. Tuttavia la spiegazione più facile è che gatti con forme molto iniziali o leggere non vengano classificate all’ecografia come HCM. In questo gioca molto l’esperienza e la professionalità. Specialisti con centinaia o migliaia di ecocardiografie di gatto alle spalle danno più garanzie di una diagnosi accurata.

 

2) Penetranza legata all’età – HCM da mutazioni in MYBPC3 è una malattia a sviluppo lento e tardivo anche nell’uomo, dove spesso si manifesta dopo i 50 anni. Anche nel Maine Coon l’insorgenza è più tardiva negli eterozigoti rispetto agli omozigoti, e soprattutto nelle femmine. Non si sono ancora determinate con precisione le età di sviluppo della malattia in relazione al genotipo e al sesso del gatto.

 

3) Espressione Variabile – è un fenomeno che si vede in molti caratteri genetici. Per esempio non tutti i gatti che hanno la mutazione del blu diluito presentano lo stesso colore blu/grigio, perché il background genetico e quello ambientale ne influenzano l’espressione generale. Ugualmente in HCM, nonostante esistano diversi gradi di spessore ventricolare, solo lo spessore di classe “grave” porta allo sviluppo di segni clinici, nonostante ci siano alcuni casi di morte improvvisa in forme più lievi. Gatti con HCM possono essere classificati come border line e non essere quindi non dichiarati malati.

 

4) Eterogeneità genetica – una stessa malattia può essere causata da mutazioni in punti diversi dello stesso gene o in geni diversi. Questo fenomeno è ben noto nell’HCM umano ed è ragionevole supporlo anche nel gatto. Attualmente nell’uomo sono oltre 10oo le mutazioni in 10 geni che possono causare HCM. Nel gatto ne sono state identificate con certezza solo due: la suddetta A31P nel Maine Coon e la R820W nel Ragdoll, entrambe nel gene MYBPC3, che è anche il gene più mutato nell’uomo. In altre razze come Bengala, Siberiano, Devon Rex, Sphynx, razze miste non ci sono queste due mutazioni o sono pochissimo frequenti. D’altra parte ci sono alcuni casi di Maine Coon che non hanno la mutazione A31P ma hanno HCM. E’ quindi molto probabile che ci sia più di una causa genetica di HCM e anche nel Maine Coon è possibile un’altra mutazione (magari poco diffusa)

 

5) Accuratezza del test genetico – I laboratori usano diverse tecniche per l’identificazione della mutazione. Errori nel test genetico possono portare confusione nell’interpretazione. Il sequenziamento diretto del DNA è il sistema più robusto e il “Gold Standard”, ma è anche il più costoso. Il rischio in generale dei test a DNA è che uno dei due alleli non amplifichi (non sia cioè “visibile”) e vada “perso”. Questo effetto si chiama allelic­drop out (e quindi un eterozigote risulta omozigote). Anche il sequenziamento può cadere in questa trappola, ma è più facile accorgersi dell’errore perché si analizzano tratti molto lunghi del gene. Sistemi alternativi presentano invece maggiori rischi perché analizzano solo il punto di mutazione. Altri sistemi a DNA per l’identificazione delle mutazioni sono ad esempio real­time PCR (TaqMan), restriction fragment lenght polymorphism (RFLP), allele­specific oligos (ASO) e nuovi sistemi basati sulla spettroscopia di massa.

 

6) Diagnosi clinica non accurata – Non tutte le malattie cardiache sono HCM, la definizione e la classificazione di HCM non è univoca tra i cardiologi. Interpretazioni differenti e non allineate con rigorosi criteri di lettura e classificazione portano a interpretazioni diverse dello stato di malattia Molti test genetici aiutano a fare scelte selettive più consapevoli e più efficaci. Per quanto riguarda HCM, tenendo pur conto che nella scelta selettiva devono essere considerati tutti i caratteri di interesse, è evidente che si deve cercare di ridurre il rischio di sviluppare e diffondere la malattia. Premesso che non è motivabile utilizzare soggetti malati clinicamente. E’ provato che la presenza della mutazione A31P aumenta tantissimo, se non proprio determina, lo sviluppo e la trasmissione di HCM. Gatti omozigoti hanno una probabilità altissima di ammalarsi, oltre a trasmettere a tutti i figli l’allele “mutato”. I gatti eterozigoti vanno valutati ed eventualmente utilizzati con accoppiamenti mirati con soggetti negativi e nei casi in cui altri caratteri di pregio ne scoraggino l’eliminazione dalla riproduzione. In generale va spinta al massimo la sostituzione dei riproduttori con soggetti omozigoti negativi, fatta però salva il mantenimento della variabilità genetica e dei tratti di pregio. E’ per ciò un processo di eradicazione che dev’essere necessariamente ragionato e graduale.